
Il Caso affrontato dallo Studio Legale Avv. Pasquale Saffioti
Un cittadino, a seguito dell’accertamento e contestazione da parte di un Ente Pubblico della realizzazione di manufatti abusivi e della conseguente adozione di apposita ordinanza di demolizione, presentava una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001, trattandosi di interventi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Il Comune chiamato a decidere richiedeva due volte (a distanza di parecchi mesi tra la prima e la seconda richiesta e con oggetto diverso) una integrazione istruttoria con duplice sospensione dei termini del procedimento.
Prontamente il privato forniva una prima integrazione documentale, mentre contestava la seconda richiesta ritenuta non dovuta per l’intervento eseguito (un vano tecnico) e avverso la quale relazionava ampiamente.
Veniva, altresì, contestata la seconda sospensione dei termini procedimentali per violazione dell’art. all’art. 20 D.P.R. n. 380/01.
A termini ancora sospesi, a distanza di mesi, facevano seguito una serie di diffide legali per richiedere l'adozione di un provvedimento formale e motivato sull’istanza di sanatoria, senza, però, sortire esito alcuno.
Nella vicenda, evidentemente, assumeva rilevanza pregnante la contestazione secondo cui l’Ente Pubblico avrebbe dovuto concludere il procedimento di sanatoria con un provvedimento espresso e motivato.
Il Comune, invece, eccepiva l’infondatezza delle difese ex adverso spiegate e il formarsi del silenzio-rigetto dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001.
Inquadramento Normativo
La normativa che assume rilevanza nel caso di specie è, in primo luogo, l’art. 36 D.P.R. n. 380/2001.
Secondo tale disposizione, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Inoltre, il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
Inoltre, ai sensi dell’art. 20, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001 “…Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa.”.
Giurisprudenza
Inquadrata la vicenda, seppur sommariamente, vanno evidenziati gli importanti principi giurisprudenziali sanciti in materia dai Tribunali Amministrativi Regionali in casi analoghi e, in particolar modo, sull’obbligo del Comune di pronunciarsi espressamente sulla istanza di conformità presentata e sulla configurabilità o meno del silenzio-rigetto.
La Giurisprudenza Amministrativa, infatti, ha più volte chiarito che, sebbene l’art. 36 D.P.R. n. 380/2001 configuri una espressa ipotesi di silenzio-rigetto, tale ipotesi non può dirsi realizzata ove la p.a. non resti del tutto silente, ma adotti un provvedimento che lascia presumere la conclusione in modo espresso.
Tale principio è certamente richiamabile nella fattispecie concreta ove il Comune è intervenuto per ben due volte, con due diverse richieste con contestuale sospensione dei termini del procedimento, per richiedere integrazioni documentali al privato e ciò ha prodotto, inevitabilmente, l’effetto di neutralizzare l’applicazione dell’art. 36 e la formazione del silenzio rigetto e l'obbligo di emettere un provvedimento espresso.
Pertanto, assume rilevanza “…anche l’affidamento legittimo maturato dal privato a fronte del comportamento della p.a. che, avendo dato seguito alla sua istanza, ha indotto il suo ragionevole affidamento circa la conclusione del procedimento con un provvedimento espresso”.
Alla luce di quanto sin qui detto deriva che nell’occorso non può dirsi formato alcun silenzio-rigetto sulla istanza di sanatoria presentata dal privato, mentre può dirsi incombente l’obbligo a carico del Comune di esitare la predetta istanza con un provvedimento espresso e motivato.
Avv. Pasquale Saffioti
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