
Accade spesso che nei rapporti commerciali il debitore, a garanzia dell’adempimento di una obbligazione, emetta un assegno bancario o postale postdatato che il creditore (possessore del titolo) dovrebbe riscuotere in caso di inadempimento del primo.
Ma qual è il valore dell’assegno postdatato dato in garanzia del futuro pagamento di un debito?
Al quesito ha fornito una chiara e inequivocabile risposta la Corte di Cassazione.
Ma andiamo per ordine.
Un soggetto otteneva l’emissione di un decreto ingiuntivo fondato sulla scorta di un atto di transazione e su un assegno di conto corrente rilasciato dal debitore in favore del creditore a garanzia dell'obbligazione assunta.
Avverso il Decreto Ingiuntivo proponeva opposizione il debitore, sostenendo che l'emissione di un assegno postdatato in garanzia è contraria alle norme imperative di cui al R.D. n. 1763 del 1933, artt. 1 e 2, con conseguente nullità del patto di garanzia stipulato tra le parti e, per tale ragione, ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale chiamato a decidere sull’opposizione la respingeva.
A quel punto l’opponente proponeva appello, ma la Corte d’Appello respingeva anche l'appello ritenendo che la postdatazione non rende il titolo nullo in sè, ma rende nulla solo la postdatazione con la conseguenza che il prenditore può esigerne l'immediato pagamento e che, pertanto, resta valido il sottostante patto di garanzia.
La questione arrivava in Cassazione che, invece, sovvertiva l’esito dei primi due gradi di giudizio.
In particolare la Suprema Corte Regolatrice, in accoglimento del ricorso spiegato, statuiva che “l'emissione di un assegno in bianco o postdatato, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia - nel senso che esso è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento -, è contrario alle norme imperative contenute nella R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 1 e 2 e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all'ordine pubblico ed al buon costume enunciato dall'art. 1343 cod. civ.. Pertanto, non viola il principio dell'autonomia contrattuale sancito dall'art. 1322 cod. civ. il giudice che, in relazione a tale assegno, dichiari nullo il patto di garanzia e sussistente la promessa di pagamento di cui all'art. 1988 cod. civ.”.
Ne deriva, secondo la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione e i principi ivi richiamati, che l'assegno postdatato è nullo e non può costituire titolo valido per supportare l'emissione di un decreto ingiuntivo.
Avv. Pasquale Saffioti
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