Partenariato Pubblico Privato, Concessione di Servizi e Finanza di Progetto - Trasferimento del Rischio

15 luglio 2020

Massima

“Il partenariato pubblico privato – la cui nozione è contenuta nell’art. 3, lettera eee) del D.Lgs. 50/2016 – trova la sua disciplina di dettaglio negli articoli 179 e seguenti del medesimo decreto legislativo e segnatamente nell’art. 180.

Secondo il comma 8 di quest’ultimo, la finanza di progetto (disciplinata dall’art. 183 del codice dei contratti pubblici), è compresa nella figura del contratto di partenariato pubblico privato.

Ai sensi dell’art. 180, comma 3, il contratto di partenariato implica il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico, sotto il triplice profilo del rischio di costruzione, del rischio di disponibilità e del rischio di domanda dei servizi resi (la nozione di queste tre figure di rischio si trova nell’art. 3 già sopra citato, rispettivamente alle lettere aaa, bbb e ccc).

Parimenti, nella concessione di servizi (si veda per la definizione l’art. 3, lettera vv del codice), risulta essenziale il trasferimento in capo al concessionario del “rischio operativo” (sul quale, si veda l’art. 3, lettera zz del codice), il che implica che in condizioni operative normali non deve essere garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione del servizio in concessione.

Il trasferimento del rischio – nelle sue varie tipologie – in capo all’operatore economico privato assume quindi un rilievo fondamentale ai fini della qualificazione di un accordo fra un soggetto privato ed un soggetto pubblico, quale partenariato pubblico privato/concessione oppure quale appalto di servizi.”. (TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 4^- 9 febbraio 2018, n. 386)

Inquadramento delle disposizioni sulla finanza di progetto, sulla concessione di servizi e sul partenariato pubblico privato di cui al D.Lgs. 50/2016 - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 4^- 9 febbraio 2018, n. 386

Il Collegio con la Sentenza in rassegna ha effettuato una ricognizione, seppur sommaria, sulla finanza di progetto, sulla concessione di servizi e sul partenariato pubblico privato di cui al D.Lgs. 50/2016.

Secondo la ricostruzione della disciplina operata dal TAR in sentenza, il partenariato pubblico privato – la cui nozione è contenuta nell’art. 3, lettera eee) del D.Lgs. 50/2016 – trova la sua disciplina di dettaglio negli articoli 179 e seguenti del medesimo decreto legislativo e segnatamente nell’art. 180.

Secondo il comma 8 di quest’ultimo, la finanza di progetto (disciplinata dall’art. 183 del codice dei contratti pubblici), è compresa nella figura del contratto di partenariato pubblico privato.

Ai sensi dell’art. 180, comma 3, il contratto di partenariato implica il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico, sotto il triplice profilo del rischio di costruzione, del rischio di disponibilità e del rischio di domanda dei servizi resi (la nozione di queste tre figure di rischio si trova nell’art. 3 già sopra citato, rispettivamente alle lettere aaa, bbb e ccc).

Parimenti, nella concessione di servizi (si veda per la definizione l’art. 3, lettera vv del codice), risulta essenziale il trasferimento in capo al concessionario del “rischio operativo” (sul quale, si veda l’art. 3, lettera zz del codice), il che implica che in condizioni operative normali non deve essere garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione del servizio in concessione.

Il trasferimento del rischio – nelle sue varie tipologie – in capo all’operatore economico privato assume quindi un rilievo fondamentale ai fini della qualificazione di un accordo fra un soggetto privato ed un soggetto pubblico, quale partenariato pubblico privato/concessione oppure quale appalto di servizi.

La direttiva dell’Unione Europea 2014/23/UE sui contratti di concessione, al “considerando” n. (18), stabilisce infatti che: <<La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore>>.

Nell’ordinamento italiano, sia la giurisprudenza amministrativa sia l’Autorità Anticorruzione (ANAC), anche con riferimento all’abrogato D.Lgs. 163/2006, hanno sempre ribadito che l’allocazione del rischio distingue la concessione dal semplice appalto.

La traslazione del rischio attiene anche alla fase prodromica di scelta del contraente e non solo alla successiva fase di esecuzione del contratto.

Si veda in tal senso la determinazione ANAC n. 10/2015 – che richiama sulla questione anche norme ed atti dell’Unione Europea – secondo cui: <<Ad ogni modo, ciò che caratterizza la concessione, sia essa di lavori che di servizi, differenziandola dal contratto d’appalto, è la ripartizione del rischio tra amministrazione e concessionario.

In assenza di alea correlata alla gestione, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato, non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione, da una cattiva gestione, da inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o da cause di forza maggiore.

Nella concessione, invece, al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di mercato.

Pertanto, in assenza di un effettivo trasferimento del rischio in capo al concessionario, le procedure di aggiudicazione dovranno essere quelle tipiche dell’appalto e i relativi costi dovranno essere integralmente contabilizzati nei bilanci della stazione appaltante.

La nuova direttiva europea, all’art. 5, comma 1, specifica con chiarezza che il contenuto necessario del contratto di concessione è il trasferimento del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o servizi al concessionario, cioè la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per l’operazione.

La parte del rischio trasferita al concessionario, in altri termini, deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile.

Il rischio operativo espone il concessionario al rischio di perdite derivanti da squilibri che si possono generare sia dal lato della domanda (ad esempio, una domanda di mercato inferiore a quella preventivata) sia dal lato dell’offerta (la fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato).

In altri termini, si ha un rischio operativo quando non è garantito nel corso dell’esecuzione il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario previsto in fase di affidamento>>.

(In giurisprudenza: TRGA del Trentino Alto-Adige, sez. Trento, n. 53/2017; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 1102/2015 e sez. II, n. 824/2013, oltre a TAR Sardegna, sez. I, n. 213/2011)

 Il caso

Il TAR ha avuto l'occasione di ricostruire e di sviscerare la disciplina normativa sul partenariato a seguito di un ricorso proposto dalla società K., operante nel settore della fornitura di apparecchi per la regolazione del traffico stradale, compresi quelli di rilevazione delle infrazioni al codice della strada, la quale impugnava il bando e gli altri atti di gara con i quali la Provincia indiceva una procedura di finanza di progetto (“project financing”) per la concessione del servizio di installazione, noleggio e manutenzione di dispositivi per la rilevazione delle infrazioni al codice della strada e prestazioni connesse.

Proponeva, quindi, domanda cautelare.

Alla udienza cautelare davanti al TAR, la domanda di sospensiva era rinunciata, avendo l’amministrazione sospeso nel frattempo la procedura di gara.

Si costituivano in giudizio la Provincia e la società S., che aveva presentato all’amministrazione la proposta di finanza di progetto.

In seguito, l’amministrazione provinciale, annullava in autotutela tutti gli atti della procedura di finanza di progetto di cui sopra e, poi, contro i citati provvedimenti di annullamento d’ufficio, la società S. proponeva ricorso con domanda di sospensiva.

Si costituivano in giudizio la Provincia e K..

I ricorsi venivano riuniti per evidente connessione.

I motivi di ricorso della Società S.

Il Collegio provvedeva ad analizzare, dapprima, il ricorso della Società S. rivolto contro gli atti della Provincia di annullamento in autotutela della procedura di finanza di progetto, già impugnati da K., in quanto il rigetto del secondo dei ricorsi avrebbe privato la società K. di ogni interesse alla decisione della propria impugnativa.

Il ricorso predetto veniva rivolto contro i provvedimenti con i quali l’amministrazione provinciale annullava in autotutela gli atti della procedura di finanza di progetto avviata su proposta proprio della ricorrente ai sensi dell’art. 183, comma 15, del D.Lgs. 50/2016.

Nello specifico S. presentava alla Provincia – ai sensi dell’art. 183 comma 15 e dell’art. 179, comma 3, del D.Lgs. 50/2016 – una proposta per la (così definita), “concessione” del servizio di installazione, noleggio e manutenzione di dispositivi per la rilevazione della velocità e prestazioni connesse.

La Provincia approvava, dapprima, tale proposta, alla quale faceva seguito la pubblicazione del bando di gara.

A seguito della proposizione del primo dei ricorsi in epigrafe ed alle istanze di chiarimenti di altri operatori del settore, la procedura di gara era sospesa prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

Il procedimento di autotutela si concludeva con i provvedimenti impugnati.

La motivazione dell’autotutela si concentrava essenzialmente sulla considerazione che, al di là della denominazione e della terminologia utilizzate nella proposta della società esponente, in realtà il servizio proposto non poteva rientrare né nell’ambito della concessione di servizi né in quello del partenariato, trattandosi invece di un appalto di servizi.

Il parere del Settore Avvocatura della Provincia poneva l’attenzione sullo schema definitivo di convenzione della concessione, per verificare in concreto l’esistenza del trasferimento dei rischi previsto dalla citata normativa in materia di concessione e di partenariato.

In particolare, anche se il rischio operativo veniva posto formalmente a carico dell’operatore, di fatto il corrispettivo a favore di quest’ultimo era costituito dai canoni per il noleggio degli apparati, pagati mensilmente dall’ente concedente, oltre che dai compensi per la licenza software della piattaforma di gestione degli apparati e per il compimento di una serie di attività materiali finalizzate all’accertamento ed alla riscossione delle sanzioni pecuniarie comminate agli utenti della strada.

La collocazione degli apparati era a cura del concessionario; tuttavia sulla Provincia gravava l’obbligo di consegna al concessionario delle aree necessarie all’installazione degli apparati, anche se di proprietà di soggetti terzi.

Gli obblighi di manutenzione degli impianti venivano normalmente posti a carico del concessionario, però in caso di disattivazione delle apparecchiature per le operazioni di manutenzione veniva espressamente esclusa la responsabilità del concessionario stesso.

Parimenti, il concessionario non aveva alcun obbligo manutentivo in caso di malfunzionamento degli apparati dovuto a cause non imputabili al concessionario medesimo oppure al non corretto utilizzo degli impianti.

Di conseguenza, il compenso per il concessionario era costituito, in primo luogo, dai canoni versati dall’ente concedente e per la restante parte da una percentuale sull’incasso delle sanzioni e da entrate commisurate ad attività operative legate all’accertamento delle infrazioni (come la verbalizzazione e l’imbustamento), oppure dalla validazione delle immagini risultanti dal software messo a disposizione dell’ente.

L’attività di validazione e le procedure connesse potevano essere svolte solo da Agenti di Polizia e la Provincia non disponeva di un servizio di polizia locale.

In primo luogo, S. lamentava la violazione dell’art. 7 della legge 241/1990, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo di autotutela.

Inoltre, lamentava che gli atti di ritiro contesterebbero non la traslazione effettiva dei rischi ma l’assenza formale di un documento contenente l’analisi dei rischi.

Veniva, ancora, rappresentato che il procedimento amministrativo di finanza di progetto di cui all’art. 183 del codice non esige la produzione di uno specifico documento inerente all’analisi del rischio, sicché la produzione documentale di parte esponente sarebbe stata completa.

Nel motivo n. 4, veniva sostenuto che la Provincia avrebbe violato la disciplina sull’autotutela, non essendo provate le ragioni di pubblico interesse che giustificherebbero l’annullamento d’ufficio.

Nel motivo n. 5, le doglianze erano dirette contro il citato parere del Settore Avvocatura, richiamato a fondamento della motivazione degli atti di ritiro gravati in via principale.

La decisione del TAR sul ricorso di S.

Il TAR reputava infondata la prima doglianza, considerato che la Provincia, dopo la pubblicazione del bando relativo alla finanza di progetto e la notificazione del ricorso di K., disponeva con determinazione dirigenziale la sospensione del procedimento di gara, per (così testualmente) “consentire una approfondita verifica delle prescrizioni e dei contenuti del progetto posto a base di gara, anche in considerazione delle istanze pervenute”.

Tale determinazione, ritualmente pubblicata e che richiama nelle proprie premesse l’art. 7 della legge 241/1990, deve ritenersi equipollente al formale avviso di avvio del procedimento, giacché era evidente l’intendimento dell’amministrazione di sottoporre a verifica l’attività amministrativa sino ad allora svolta con riguardo alla finanza di progetto.

La ricorrente non può quindi lamentare la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale previste dalla legge 241/1990.

Sui restanti 4 motivi il TAR si pronunciava in ordine e li considerava tutti infondati.

In particolare, sul secondo motivo di ricorso, considerava la tesi è infondata, “giacché dalla lettura dei due provvedimenti impugnati e del parere del Settore Avvocatura – che integra per relationem la motivazione dei provvedimenti – risulta che l’autotutela non è giustificata dalla semplice mancanza di un documento, ma dall’effettivo accertamento che l’operazione economica proposta dalla ricorrente non determina alcuna traslazione dei rischi, necessaria invece per la configurabilità di una concessione o di un partenariato. Inoltre, la circostanza che gli atti di ritiro facciano riferimento ad una normativa ANAC ancora in fase di approvazione è irrilevante – assurgendo semmai a mera irregolarità – visto che la normativa in materia, oltre alla giurisprudenza ed alla prassi, esigono l’effettiva traslazione del rischio, già al momento della scelta del contraente pubblico.

Peraltro, la disciplina regolatoria di ANAC in fase di approvazione (schema di nuove Linee Guida in materia del 1° febbraio 2017, sottoposto al parere del Consiglio di Stato), cui rinviano i provvedimenti gravati, conferma le citate conclusioni della giurisprudenza, vale a dire la necessità del trasferimento del rischio di gestione in capo all’operatore già al momento della costituzione del rapporto, affinché il contratto possa essere qualificato effettivamente come concessione e non come appalto.

Quanto alla validazione delle infrazioni, non appare illegittimo che la Provincia si riferisca alla oggettiva impossibilità dello svolgimento di tale parte del servizio, considerato che l’eventuale convenzionamento è legato ad una serie di variabili non controllabili da parte dell’ente concedente (si pensi alle difficoltà finanziarie del medesimo o all’eventuale rifiuto di altri enti al convenzionamento).”.

Quanto al terzo motivo di ricorso, il ricorrente, secondo il TAR, non coglieva nel segno, “giacché l’autotutela non è legata a ragioni di ordine meramente formale circa l’assenza di un documento istruttorio, quanto piuttosto al sostanziale accertamento che l’intera operazione economica non effettua in realtà alcuna traslazione del rischio in capo all’operatore privato.”.

Il quarto motivo, sulla invocata violazione della disciplina dell’autotutela, risultava parimenti infondato, in quanto, “una volta accerta l’illegittimità della procedura di finanza di progetto avviata e degli atti conclusivi della stessa, appare prevalente l’interesse pubblico all’annullamento per evitare che l’illegittimo utilizzo dello schema della finanza di progetto in luogo di quello legittimo dell’appalto, finisca per cagionare una facile elusione delle norme sull’obbligo di gara e sulla tutela della concorrenza, considerato che il ricorso al diritto di prelazione di cui all’art. 183 del codice pone il promotore in una posizione di evidente vantaggio rispetto agli altri operatori, consentendogli la gestione del servizio per il lungo periodo indicato nella proposta originaria (nel caso di specie, la durata è stata fissata in undici anni). A ciò si aggiunga che gli atti di ritiro sono stati adottati prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte e che in ogni caso nessuna offerta era pervenuta, sicché nessun particolare affidamento poteva reputarsi sorto in capo al promotore.”.

Nel motivo n. 5, le doglianze erano dirette contro il parere del Settore Avvocatura.

Secondo il TAR la censura riprendeva gran parte degli argomenti già esposti in ricorso, per cui veniva rigettata per le considerazioni già sopra svolte.

Per tali ragioni il ricorso di S. veniva rigettato.

Sul ricorso di K.

Per il ricorso di K. di impugnativa del bando e degli altri atti di gara con i quali la Provincia indiceva la più volte citata procedura di finanza di progetto (“project financing”) per la concessione del servizio di installazione, noleggio e manutenzione di dispositivi per la rilevazione delle infrazioni al codice della strada e prestazioni connesse, veniva dichiarata la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, ultimo comma, del c.p.a., avendo l’amministrazione resistente annullato in autotutela gli atti impugnati ed essendo stata quindi pienamente soddisfatta la pretesa della società ricorrente.

Il TAR, infine, ha escluso la sussistenza di una responsabilità della stazione appaltante poiché “non sussiste la responsabilità civile nell’ipotesi di “project financing”, neanche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell’opera e in mancanza di conclusione della gara per l’affidamento della concessione, poiché non si è costituito un distinto, speciale ed autonomo rapporto precontrattuale, interessato dalla responsabilità precontrattuale, che obblighi l’amministrazione a dare comunque corso alla procedura di finanza di progetto”. (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18.1.2017, n. 207, con la giurisprudenza ivi richiamate e TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 25.10.2017, n. 10695)

Avv. Pasquale Saffioti

 

 

 

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